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La storia del “Villino Borrelli”

La costruzione (1916), i ricordi di mio padre (1940), i ruderi (2008) di Giancarlo Nicola

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Nell’ambito del normale avvicendamento delle truppe sui vari fronti di guerra e per sostituire una Compagnia del Genio, sez. telefonia, comandata dal Cap. Romolo Borrelli, nel dicembre del 1916 la 319^ Compagnia mitraglieri Fiat, comandata dal Cap. di Complemento Guido Nicola, veniva inviata nella zona di Cima Bocche per essere aggregata al Comando dei Reggimenti di Fanteria 215^ e 216^ colà dislocati e costituenti la Brigata Tevere.

Nei mesi precedenti in questa zona vi erano stati ripetuti attacchi delle truppe italiane contro le postazioni austriache dislocate in posizione dominante lungo i crinali di Cima Lusia, Coston Lusia, Cima Bocche e dell’Osservatorio con lo scopo di facilitare un eventuale sfondamento del fronte sul Passo di San Pellegrino per aprire una via alla occupazione delle valli di Fassa e di Fiemme. Gli scontri erano stati piuttosto violenti ed avevano comportato perdite piuttosto importanti soprattutto da parte delle nostre truppe che dovevano agire a quote superiori ai 2000 metri e quindi in terreno scoperto. Inoltre i nostri soldati dovevano risalire la montagna su terreno impervio e con copertura limitata a qualche masso di porfido.

Gli eroici comportamenti sono documentati dai numerosi riconoscimenti al valore attribuiti nel corso di questi assalti che furono effettuati il 4-5 agosto (1916), attorno il 20-23 agosto ed infine tra i primi di novembre e la metà dello stesso mese.

Le forti perdite, sproporzionate ai risultati conseguiti, indussero il Comando Supremo a limitare l’attività, nelle zone del Rolle e delle Bocche, al consolidamento delle posizioni conquistate, tenuto anche conto dell’avvicinarsi del periodo invernale.

Nell’estate del ’16 la Compagnia del Genio, oltre all’allestimento ed al miglioramento della rete telefonica della zona di Bocche, portò anche a compimento una pregevole opera.

Attorno a quota 2000, tra l’avvallamento sottostante l’Osservatorio e la zona del lago Bocche, approfittando di un diedro di roccia che praticamente costituiva due pareti di circa 4-6 metri di larghezza con un’altezza di quasi 3 metri, il Cap. Borrelli fece completare, con due pareti di massi squadrati sovrapposti, un baraccamento di circa m. 4 x 6 , con copertura di tronchi di abete, realizzando così, in due piccoli locali, l’alloggiamento per il comandante e l’ufficio comando della Compagnia.

Il pregio della costruzione era rappresentato da due finestrelle a bifora le cui porzioni superiori erano chiuse da due pietre trapezoidali perfettamente scolpite costituenti le chiavi di volta delle due bifore (vedi foto).

Fu così che nel dicembre del 1916 il Cap. Borrelli lasciò, credo a malincuore, al Cap. Nicola quella bella struttura che la truppa aveva soprannominato “villino Borrelli”.

L’inverno del ’16-’17 fu particolarmente rigido con abbondanti precipitazioni nevose che limitarono di molto l’attività bellica riducendola a qualche scaramuccia e con lo scavo di una lunga galleria nella neve nel tentativo di aggirare e sorprendere alcune postazioni avanzate austriache.

Contemporaneamente gli austriaci effettuarono la stessa operazione con un risultato fallimentare da entrambe le parti.

Anche nella primavera e nell’estate del ’17 non vi furono operazioni di rilievo ed il fronte di Bocche venne precipitosamente abbandonato nel novembre del ’17 in occasione dello sfondamento del fronte italiano a Caporetto.

Nell’agosto del 1940 mio Padre, il Cap. Nicola del 1916, nel desiderio di rivedere i luoghi dove aveva combattuto e di farli vedere a mia Madre ed a me, allora dodicenne, organizzò le nostre vacanze estive a Passo Rolle.

Prendemmo alloggio all’Albergo Cavallazza e dopo aver preso contatto con il gestore di Malga Bocche, il sig. Giuseppe Felicetti di Moena-Someda, ci siamo più volte recati alla Malga dove abbiamo anche soggiornato alcune notti.

Grazie alla disponibilità del sig. Felicetti,che ci mise anche a disposizione due pastori, abbiamo a lungo perlustrato i pendii che dalla Malga salgono verso l’Osservatorio ed il lago Bocche seguendo la vecchia strada militare che sale lungo il Rio Bocche verso il lago. Abbiamo raggiunto la Val Miniera, ritrovando il vecchio serbatoio dell’acqua del 91^ Reggimento di Fanteria, e risalendo sul costone che divide la Val Miniera dall’avvallamento dove scorre il Rio Bocche, con il binoccolo si è potuto identificare, a valle del lago Bocche, la tipica struttura muraria del “villino Borrelli”

Scendendo dal costone verso il Rio Bocche su terreno sconnesso ed ancora cosparso di residuati bellici, siamo giunti alle 14:55 del 20 agosto 1940 di fronte alla baracca che fu, per quasi un anno dimora e luogo di responsabilità di mio Padre.

Il tetto era crollato o forse in parte utilizzato come legname ma le due pareti costruite con i blocchi di porfido grigio sapientemente intagliati dagli scalpellini dei genieri del Cap. Borrelli si ergevano nella loro semplice ma straordinaria bellezza, a 24 anni di distanza, quali sentinelle di un passato tragico e glorioso e di una stupenda distesa di boschi e prati circondata da cime di rara beltà.

L’emozione fu intensa per tutti, giovani e vecchi, piena di ricordi per chi là aveva vissuto, piena di immaginazione per chi scopre qualcosa di ignoto.

Le Pale di San Martino, la Cavallazza, il Colbricon, le malghe,Passo Lusia ed il Coston Lusia, Cima Bocche e l’Osservatorio facevano da corona a questo tanto desiderato quanto sofferto ritrovamento.

Più volte nei giorni successivi ci siamo ritrovati con i due pastori di Primiero, Antonio Pradel e Antonio Valle, a rivedere quei luoghi ancora ricchi di testimonianze di un passato tragico e glorioso.

Baionette, elmetti, vecchie bombe a mano, reticolati, bossoli di obice, scatolette di carne e lattine di olio, il tutto corroso ed arrugginito dal tempo ma ancora vivi perchè tenuti nelle mani di quei fanti per i quali erano essenziali per vivere e sopravvivere.

Il 27 agosto del ’40 fu l’ultima volta che salimmo da Malga Bocche al “villino Borrelli”.

La Seconda Guerra Mondiale, peraltro già in corso, gli studi, l’avanzare dell’età dei miei Genitori e poi la loro perdita, hanno fatto impallidire ma non scomparire del tutto il ricordo di quei luoghi.

Nel novembre del 1957 mi sono sposato e tra i progetti che spesso gli sposi fanno, ma che poi spesso non mantengono, c’era il desiderio di ritornare in quei luoghi della memoria.

Mia Moglie , che era molto legata ai miei Genitori, condivideva questo desiderio ma ci sono voluti cinquant’anni per realizzarlo.

Nell’ottobre del 2008 in un momento nel quale era possibile ritagliare un fine settimana per qualcosa di speciale, di differente dalla routine, di riandare nella memoria, complice un clima autunnale particolarmente clemente ed altrettante favorevoli previsioni del tempo, abbiamo deciso, io e mia moglie, di ritornare lassù per rivedere i luoghi dove il Cap. Nicola aveva passato mesi nella neve e sotto la pioggia, sotto il sole e nei continui rischi cui la guerra espone, con gli scarponi chiodati ai piedi, con quei pochi abiti logori di cui disponevano e con quell’unica mantella che cercava inutilmente di proteggerlo dal freddo, gravato della responsabilità di salvaguardare la vita di quegli uomini affidati al suo comando.

Era quasi un dovere ritornare lassù per condividere, ancora una volta la Sua presenza ed il Suo ricordo.

Una rapida serie di telefonate all’Autorità del Parco di Paneveggio, al Comune di Moena ma soprattutto la grande disponibilità di alcune persone mi hanno permesso di organizzare il ritorno a “Bocche”.

L’Autorità del Parco ha messo a disposizione due Guardie, Alberto ed Elio; attraverso il Comune di Moena due Forestali del Comune, Bepi e Giulio Felicetti, parenti di quel Giuseppe Felicetti che nel ’40 gestiva Malga Bocche, si son dette disponibili ad accompagnarci con il loro fuoristrada a Malga Bocche oggi raggiungibile attraverso una sterrata. L’appuntamento era per le 10 del successivo sabato mattina a Malga Bocche.

Una giornata splendida di sole con una temperatura gradevole nonostante l’autunno e i quasi 2000 metri di quota. Alberto ed Elio, Bepi e Giulio, mia Moglie ed io.

Benchè avessi studiato su Google Hearth la planimetria della zona di Bocche, non ricordavo molto di quanto avevo visto sessant’anni prima ma avevo con me le preziose fotografie del 1916 e del 1940.

La conoscenza dei luoghi dei nostri accompagnatori, il confronto dei profili fotografici delle montagne con quelli che avevamo di fronte a noi e i vaghi ricordi del passato ci hanno indirizzato, come probabile luogo per il ritrovamento della baracca, verso la zona compresa tra il Rio Bocche ed il lago Bocche attorno a quota 2000 dove andava diradandosi la vegetazione arborea.

Mia Moglie rimase ad attenderci alla Malga mentre noi cinque ci incamminavamo lungo il sentiero che sale al lago Bocche e Cima Bocche e che subito si rivelò essere la vecchia strada militare.

Dopo un quarantina di minuti, al limite del bosco, ebbi una strana sensazione, come se mi sentissi vicino a casa: un proiettile conficcato in un tronco, alcuni pezzi di filo spinato arrugginito, qualche residuo di filo di rame di tipo telefonico inchiodato su di un tronco d’albero sono stati quei segnali.

Alberto ed Elio ricordavano di aver visto in quelle vicinanze ed in altre occasioni delle pietre squadrate come per costruire muretti o baraccamenti. Un poco più su abbiamo incontrato un bivio della strada militare. Da una parte la mulattiera proseguiva verso il lago e Cima Bocche mentre dall’altra si addentrava nel bosco ormai rado, tra ciuffi d’erba.

Non più di cinquanta metri più in là, in quest’ultima direzione, ci siamo trovati davanti ad un diedro di roccia con, alla base, un muretto alto non più di un metro e mezzo con davanti, per terra, una pietra squadrata a forma di cuneo: la chiave di volta di un arco di una bifora.

I ruderi del “villino Borrelli”. Gran parte della parete con le finestrelle era crollata, ma la parte basale era perfettamente riconoscibile e confrontabile con le foto in mio possesso, sia del 1916 che del 1940.

Molta fu la commozione per tutti. Un momento di raccoglimento in ricordo di chi là ha combattuto e di chi là è morto 92 ann ifa.

Oggi sul bivio della strada militare vi è un grosso masso che porta le indicazioni per Cima Bocche e poco più su vi è una recente costruzione conosciuta come “Bait de le Vedele”.

Chissà che non si possa restaurare il “villino Borrelli”?