“In dialogo con il più famoso haiku di Basho, Ryokan gioca sottilmente, mostrandone un possibile rovescio. Se per Basho non c’è nulla, nemmeno il più piccolo evento (il tuffo di una rana), che non risuoni sullo sfondo abissale del tempo (l’antico stagno), per il Ryokan di questi versi ogni fenomeno è «nuovo»: tutto si produce e scompare senza lasciare traccia.” Così commentano questa composizione padre Riccò e Paolo Lagazzi confermando, ancora una volta, la ricchezza anche metaforica e simbolica delle terre d’acqua.
Ara ike ya
Kawazu tobikomu
Oto mo nashi
Il nuovo stagno.
Salta dentro una rana –
nessun rumore.
da: Il muschio e la rugiada. Antologia di poesia giapponese, a cura di Mario Riccò e Paolo Lagazzi, Rizzoli, Milano 2002, p. 131.
Yamamoto Ryokan (1758-1831): «il folle» oppure «lo scioccone magnanimo», questo il senso del nome d’arte che si attribuì Yamamoto Eizo, il quale esercita una poesia innocente e sorniona, assieme umoresca e volatile. Nutrito da una profonda conoscenza dei classici cinesi e giapponesi, nella sua ampia produzione, pratica il sorriso. Senza però mai allontanarsi dalla consapevolezza del carattere effimero delle cose.