di Ugo Pistoia
di Ugo Pistoia
lavora presso la Soprintendenza per i beni culturali della provincia autonoma di Trento, dove si occupa di tutela e valorizzazione del libro antico. Alla storia di Primiero ha dedicato numerosi contributi.
L’origine dei masi si inserisce nel processo storico di lungo periodo dell’espansione delle terre coltivate che va dal XII al XV secolo. Il paesaggio rurale di Primiero, composto a fondovalle dalle ville (circondate da prati e campi) e più sopra dai beni collettivi (bosco e pascoli), registra a partire dal Duecento un cambiamento nella gestione degli incolti.
Nell’arco di tre secoli molte aree poste ad un’altitudine tra gli 800 e i 1200 m furono sottratte al bosco e utilizzate per la coltivazione e soprattutto per la fienagione. Alcune di esse, sicuramente dal Quattrocento, furono poi dotate di edifici (stalle, fienili, caselli, fornaci, case). Tale trasformazione è dovuta all’aumento della popolazione e all’introduzione sempre più massiccia dell’allevamento bovino.
Il fine era dunque quello di aumentare la superficie da mettere a disposizione sia di nuove colture sia di prati per la produzione di foraggio; e non potendo erodere i campi coltivabili le comunità rurali sono costrette a cercare le terre a quote più alte.
Quella del foraggio sembra essere l’opzione privilegiata in valle già nel Duecento inoltrato. Lo attesta una lite confinaria del 1269 tra la regola di Tonadico e quella di Siror e Transacqua relativa a dei terreni boschivi lungo l’asse viario che porta al mons de çereça: siamo in presenza di pascoli ee prati destinati allo sfalcio di proprietà, prevalente se non completa, della comunità rurale.
L'estimo di Siror del 1473 e L'urbario di Giacomo Castelrotto del 1565
L'estimo di Siror del 1473 e L'urbario di Giacomo Castelrotto del 1565
Nell’estimo di Siror del 1473 sono segnati 33 prati con fienile e tablato posseduti da 40 diversi proprietari:
– 5 di questi hanno solo il fienile
– 3 hanno anche la fornace (da intendersi come focolare)
– 6 prati sono dotati di casello
Nell’inventario dei beni del Castel Pietra, ovvero dei signori di Welsperg, redatto da Giacomo Castelrotto tra il 1564 e il 1565 troviamo che su 372 beni immobili censiti ben 294 sono dotati di prati, 174 sono privi di edifici mentre 120 presentano almeno una struttura per un totale di 235.
I 235 edifici così suddivisi:
– 190 stalle in inscindibile unità con il soprastante fienile (il 65% del totale)
– 34 caselli adibiti alla produzione del formaggio (il 12%)
– 2 unità denominate tabià
– 5 denominate fornase
– 5 denominate casa
Ma è nel corso del Quattrocento che la situazione cambia maggiormente e la divisione tra terra coltivabile e pascolo, così come tra villaggio e alpeggio verrà definitivamente smentita. È infatti in questo secolo che si registra la presenza di edifici rurali fuori dai centri abitati: nel 1465 compaiono – o almeno abbiamo le prime attestazioni – dei mansus (unità poderale con edifici). Questo fa supporre che la fascia di beni comuni e di proprietà collettive, interposta tra fondovalle e pascoli “alti” destinati all’alpeggio estivo, sia in via di almeno parziale privatizzazione.
Nel Quattrocento infatti la pressione antropica conseguente anche alla coltivazione intensiva delle miniere sta crescendo come mai prima; sta poi mutando il tipo di allevamento: non si allevano soltanto o comunque prevalentemente ovini e caprini, bensì anche bovini. Chi spinge verso i bovini sono probabilmente i ceti più elevati, le élites delle quattro regole, che controllano le magistrature comunali di maggior peso e hanno con i signori di Welsperg e i loro capitani un rapporto privilegiato.
Nascono così i masi di Primiero. Aumenteranno e si affermeranno sempre più nei secoli successivi fino a giocare un ruolo fondamentale e centrale nell’economia della valle, giungendo a costituirne una delle caratteristiche che trova pochi elementi confronto nelle vallate alpine non solo contermini.
All’origine dei “masi” in Valle di Primiero (sec. XIII-XVI): un censimento delle fonti